Borsalino: icona di stile senza tempo
- Marta Colombo
- 10 nov 2020
- Tempo di lettura: 2 min
Aggiornamento: 11 nov 2020
Elegante e unico, un segno di riconoscimento e stile: il cappello Borsalino è un must-have nel fashion maschile e femminile. Si tratta di un accessorio che rappresenta ancora oggi, a più di 160 anni dalla sua nascita, il Made in Italy.
Partiamo però dall’inizio. Dove e quando nasce il Borsalino? Siamo a Alessandria ed è il 1846. Giuseppe Borsalino ha solo dodici anni e per realizzare cappelli deve ottenere un attestato francese che gli permette di vendere e aprire un piccolo laboratorio. Così il 4 aprile 1857 inaugura l'azienda «Borsalino Giuseppe & fratello spa». L'investimento è importante: i macchinari per cucire i cappelli arrivano dall’Inghilterra. Alla tecnologia, viene fin da subito, abbinato il valore Made in Italy: gusto, creatività e know-how che caratterizza ogni modello realizzato ad Alessandria. Per i cappelli in feltro sono necessari più di 50 passaggi manuali e 7 settimane di lavorazione; la realizzazione dei modelli in paglia, intrecciati a mano, può richiedere fino a 6 mesi per ogni singolo cappello.
Il successo fu tanto veloce quanto inaspettato: nei primi del ‘900 tutti indossavano un Borsalino. L’azienda fabbricava, grazie a 300 operai, circa 2.500 cappelli al giorno. In breve tempo, addirittura, la parola Borsalino fu introdotta nell’Oxford Dictionary indicando “nome comune di cappello di feltro a falda larga”.
Ma tra gli anni ’70 e ’80 qualcosa cominciava a cambiare: con l’avvento dell’automobile, l’utilità del cappello declinò, l’azienda dimezzò il numero di operai, così come la produzione, passando a 1.500 pezzi all’anno.
E, ad oggi, qual è il futuro per Borsalino?
L’imprenditore italo-svizzero Philippe Camperio afferma: “Puntiamo sull’innovazione e sulla capitalizzazione dell’azienda. Il cappello è un oggetto che va al di là della cintura, delle scarpe, della borsa e del foulard: è stile, colore, materiale, forma”. Si tratta quindi di un business plan chiaro che mira a preservare il dna del brand, reinterpretandolo in chiave moderna su tre assi di sviluppo. “Dobbiamo rafforzare la nostra presenza sui mercati internazionali, primo fra tutti quello americano. Ma per farlo sono necessari investimenti sul piano retail, wholesale ed e-commerce. Guardiamo poi con grande interesse all’Asia, in particolare al Giappone”.
L’attenzione sarà poi spostata sul mercato femminile e sulla fidelizzazione dei millennial, “se la donna pesava il 20% sulla produzione quando siamo subentrati, oggi siamo al 30%, sulla buona strada per arrivare al 50%”. Sarà piuttosto complicato sedurre i millennial, “il loro atteggiamento nei confronti del lusso è differente rispetto alle altre generazioni, rispondono ai trend e alla comunicazione in maniera veloce, e noi dobbiamo adattarci, attuando una strategia di comunicazione ben precisa”, spiega Camperio. “Per noi è importante offrire loro un prodotto che possa piacere spontaneamente.
Bình luận